L'INDIVIDUALISMO EDULCORATO DI VASCO
Anzitutto premetto che non ho avuto né tempo né modo di leggere le sessanta pagine precedenti. Pertanto, chiedo anticipatamente venia in caso si verificassero noiose ripetizioni.
Avendoli sentiti privatamente, so che alla pressoché totalità dei miei amici del forum il pezzo non è piaciuto. Personalmente non lo trovo affatto male. Dal punto di vista musicale, ai primi ascolti percepivo del fastidio nel passaggio tra la strofa e il ritornello, quasi fossero due pezzi diversi allacciati tra loro: devo dire che con l'andare dell'ascolto questa sensazione è scomparsa. Probabilmente se non ci fosse quella cassa il ritornello rischierebbe di diventare troppo lagnoso. Il coretto è strano, mi sembra eccessivamente compressato o come se avessero tolto delle frequenze con l'equalizzatore. Ho l'impressione, comunque, che l'arrangiamento sia stato pensato anche in funzione del balletto: per una traccia radiofonica normale la durata poteva essere di un minuto in meno tranquillamente. Complessivamente, però, il pezzo si lascia ascoltare con piacere, il ritornello è molto orecchiabile e ti entra subito in testa.
Non mi soffermo sull'analisi dell'intero testo, altrimenti viene fuori un post troppo lungo che non verrebbe nemmeno letto. Trovo comunque che sia interessante. Se fin dalle sue origini espressamente anarchiche Vasco ci ha abiutati a una poetica fortemente "individualistica" - si potrebbero citare tantissimi esempi -, ho l'impressione che il suo pensiero sia recentemente approdato a nuovi orizzonti. Certo, Vasco Rossi, come ogni artista dalla modernità in poi, ma soprattutto Vasco per la sua storia, non può prescindere dal modo "individualistico" di intendere i sentimenti, le emozioni, le illusioni, ecc., ma allo stesso tempo mi sembra strizzi ora l'occhio a quel filone della filosofia che studia il "riconoscimento". Alle idee di autori come Charles Taylor o Axel Honneth, secondo cui l'identità della persona non è mai unicamente atomistica, monologica, ma si forma in un processo dialogico, attraverso l'altro, grazie all'altro, in virtù di rapporti di reciproco "riconoscimento" che consentono agli individui di conoscere se stessi e di avere fiducia in se stessi. Hai ragione sempre te / e io devo riconoscermi / ma non è possibile senza di te .
A una poetica costellata di rapporti caduchi, figli di grandi passioni destinate a perire, si sostituisce oggi la consapevolezza della necessità di relazioni significative e durature, "ad ogni costo", per la definizione di se stessi. Così, dopo il Vasco del carpe diem, del "prova a star con me stasera", di Gabri, di Senza Parole, il Vasco maturo sorride all'idea di un "per sempre", di una relazione costitutiva, dove, come diceva Hegel, si può essere se stessi in un altro. E anche se questo "per sempre" non richiama vincoli ufficiali, ma rimanda piuttosto alla scelta di ogni giorno, è forte in me la convinzione che siamo di fronte, ed è in maturazione da qualche anno, a una svolta nello sguardo di Vasco sulla vita e sull'amore. "Essere se stessi in un altro" significa potersi riconoscere solo negli occhi e nelle braccia di un altro, in una relazione che è ormai una seconda natura, costitutiva di sé. Non avrò mai modo di sapere se Vasco ha in mente le letture che ho ipotizzato (ma ci sono anche altri autori, anche afferenti altri campi come la psicoanalisi, a sostenere tesi simili), ma intravedo un filo che da Ad ogni costo passa per Come vorrei e arriva a Una canzone d'amore buttata via.